martedì 30 giugno 2009

Il 4 luglio, tutti a Vicenza!

Alla vigilia del G8 e dell’arrivo in Italia di Obama i No Dal Molin invitano tutte e tutti a Vicenza per liberare il Dal Molin dalla nuova base di guerra

Quando nel corso di eventi umani, sorge la necessità che un popolo sciolga i legami politici che lo hanno stretto a un altro popolo [...] un conveniente riguardo alle opinioni dell’umanità richiede che quel popolo dichiari le ragioni per cui è costretto alla secessione. [Incipit alla Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America]

Vogliamo essere indipendenti nel costruire il futuro del nostro territorio; vogliamo che quest’ultimo sia sensibile alle opinioni di gran parte dell’umanità che rifiuta e, troppo spesso, subisce la guerra come strumento di controllo e oppressione. Vogliamo costruire l’Altrocomune come pratica di autogestione e autonomia dei cittadini, fondandolo sulla disobbedienza alle imposizioni e sulle pratiche condivise; vogliamo riprenderci la nostra terra come luogo del vivere bene collettivo e non come oggetto di scambio tra governi.

Dall’8 al 10 luglio, all’Aquila, si terrà il vertice del G8; in un luogo volutamente scelto perché non ci siano voci di dissenso, capi di stato e di governo si riuniranno per decidere le sorti del nostro futuro, senza di noi. Tra essi, ci sarà il Presidente statunitense Obama: come si giustificano le sue promesse sulla fine dell’arroganza militare statunitense quando a Vicenza fa base la guerra?

La vicenda vicentina rappresenta, da questo punto di vista, una delle tante contraddizioni nella politica estera statunitense che promette legalità, rispetto e trasparenza, ma pratica illegalità, sopruso e imposizione. Come annunciato da importanti esponenti dell’amministrazione nordamericana, il Dal Molin sarà oggetto di discussione del summit al G8, non per restituire la democrazia a coloro a cui è stata negata, bensì come oggetto di accordo segreto e scambio tra governi per la ridefinizione, a partire da Africom, della presenza militare statunitense in Italia.

Vicenza, patrimonio Unesco, è assoggettata alle servitù militari; la città che ha espresso la propria netta opposizione e ha ricevuto per questo la solidarietà di ogni angolo d’Italia, ha visto il bavaglio stringersi sulla sua bocca: palesi illegalità progettuali hanno accompagnato il tentativo di "sradicare alla radice il dissenso locale" prima impedendo alla città di esprimersi, poi perseguendo centinaia di cittadini con condanne pecuniarie e procedimenti penali.

Ma Vicenza è anche uno dei tanti luoghi di costruzione di quel mondo che non accetta il diktat di quanti, riuniti per pochi giorni nelle regge imperiali, vorrebbero scrivere a tavolino la nostra storia. Quello del movimento vicentino non è un romanzo romantico e triste; le donne e gli uomini di questa città vogliono riscrivere la storia reale, stracciando le pagine su cui politici e militari hanno già disegnato il suo futuro di asservimento e tacita accettazione.

Il 4 luglio, giornata in cui gli statunitensi festeggiano la propria indipendenza dall’impero britannico, vogliamo decretare la nostra indipendenza dall’impero militare statunitense, liberando la terra dalla presenza di una nuova base di guerra.

Nei tre anni di mobilitazione trascorsi abbiamo imparato che un sol giorno non cambierà le sorti della nostra città; ma sappiamo anche che la strada che abbiamo davanti non può che portarci a nuove sfide: per questo, alla vigilia del vertice del G8 e dell’arrivo in Italia di Obama, chiediamo alle donne e agli uomini che vogliono opporsi alla militarizzazione e alla guerra di tornare nelle strade di Vicenza e iniziare a costruire, dal basso e collettivamente, l’indipendenza dell’Altrocomune, ovvero un territorio libero e inospitale alla presenza militare perché vissuto e realizzato da un arcobaleno di diversità che, nel costruire un mondo di pace, liberano il territorio dalle servitù militari e dalle devastazione ambientale.

4 luglio 2009 a Vicenza, restituiamo il Dal Molin ai cittadini


Indipendenza, dignità, partecipazione: 
la terra si ribella alle basi di guerra.

Per info e adesioni: 4luglio@nodalmolin.it

giovedì 25 giugno 2009

"Ci uccidono per farci tacere, ci fanno tacere per ucciderci"


Colombia: nessuna novità, continuano a ucciderci e si consolida il terrore

23 - 6 - 2009
Autore: Struttura per la Comunicazione del ACIN

Avevamodetto:" I miliziani e i simpatizzanti degli attori armati devono decidere se accettare le norme della comunità o andarsene dal Territorio". Sicuramente è per questo che hanno vigliaccamente ucciso Marino Mestizo. Da entrambe le parti ci uccidono perchè la guerra è contro il nostro popolo.

Inviamo il nostro affetto e la nostra solidarietà alla famiglia, agli amici e alla comunità che oggi stanno
patendo un dolore irreparabile. E dall'impotenza diciamo agli assassini, da qualsiasi parte essi vengano, che sono dei criminali e dei codardi. E che esigiamo che rispettino il nostro processo e la vita. Marino Mestizo, non ti lasceremo morire mai.

" Siamo qui perchè ci uccidano tutti! Sono stati i potenti che non sono daccordo con noi. Sono dei codardi!", ha esclamato con gli occhi pieni di lacrime un membro della comunità La Esperanza Jambalò, villaggio dal quale proveniva Marino Mestizo, indio Nasa assassinato oggi a Santa Rita, resguardo di Toez, Municipio
di Caloto, Cauca.

Marino Mestizo era un leader compromesso con il processo, riconosciuto e apprezzato dalle autorità e dalla sua comunità. Presidente della Junta de Acciòn Comunal del suo villaggio, Cordinatore Giuridico del Cabildo Indigena di Jambalò, attualmente faceva parte del Comitato di Investigazione del Cabildo, che sta indagando su casi come quello del sequestro dei sette funzionari della Alcadìa di Jambalò, liberati l'anno passato dalla comunità. I signori della guerra lasciano vedova Cecilia Escué e orfani i suoi quattro figli, due dei quali minorenni.

L'omicidio è avvenuto alle ore 1:30 della pomeriggio, quando Marino Mestizo stava andando a Jambalò in motocicletta insieme ad un altro membro della comunità. Mentre transitavano sulla strada che da Caloto conduce a El Palo, nella giurisdizione del resguardo di Tòez, nel luogo conosciuto come Santa Rita, sono stati intercettati da due uomini armati e incappucciati. Questi, dopo averli obbligati a fermarsi, gli hanno chiesto i loro nomi, e dopo averli identificati hanno portato via Marino Mestizo e minacciato l'amico che era con lui intimandogli di andarsene da lì.

A Marino hanno legato le mani dietro la schiena e poi lo hanno portato a 500 metri dalla strada, in irezione Santa Rita. Dopo circa 20 minuti lo hanno ucciso. Quando sul luogo è arrivata la Guardia Indigena di Tòez e di Huella Caloto, lo hanno trovato a faccia in giù con tre buchi di pallottola in testa.

Marino Mestizo è stato uno dei leader che ha dato il via al processo iniziato dopo la Dichiarazione di Emergenza Territoriale e Umanitaria che, oltre a richiamare le persone che fomentano la produzione di allucinogeni in cucine e laboratori istallati nel territorio della comunità, gli dava anche il termine di tre giorni per andarsene volontariamene dal territorio. Era lui che notificava ai miliziani e ai simpatizzanti
degli attori armati che dovevano decidere se adeguarsi alle norme della comunià o, in caso contrario, andarsene.

Secondo le indagini svolte fino ad ora, Marino era stato molto esplicito durante l'Assemblea Permanente svoltasi a La Esperanza, mettendo in atto l'attestazione sull' Emergenza Territoriale e Umanitaria emessa dalle autorità. "Quando si è svolta l'Asssemblea Permanente abbiamo aperto il dibattito nella comunità e abbiamo deciso che coloro che vengono da fuori a causare inconvenienti devono andarsene. Tre giorni dopo sono arrivate le minacce", hanno dichiarato alcuni membri della comunità in stato d'angoscia provocata dall'aver visto il cadavere del loro compagno.

Dopo le minacce, Marino Mestizo, cosciente di cosa queste implicassero, aveva detto ai suoi compagni che, se a lui fosse accaduto qualcosa, loro non dovevano scoraggiarsi ma tirar fuori ancora più forza e seguitare a lottare senza abbassare la guardia per non farsi sottrarre il loro territorio, e che se anche gli fosse toccato lasciarci la vita, lo faceva per la comunità.
Si è saputo anche che Marino stava investigando su alcuni miliziani delle FARC implicati con le minacce ricevute da alcuni leader indigeni in seguito alla distruzione di manufatti esplosivi e laboratori per la lavorazione della coca nel territorio di Jambalò. "Quello che vogliono è terrorizzare quelli che investigano e questo non lo possiamo permettere", ha detto con un senso di frustrazione un altro membro della comunità La Esperanza.

"L'omicidio di questo compagno non può rimanere impunito. Dobbiamo reagire con un'azione comune con i cabildos del nord del Cauca per difendere il nostro territorio. Non lottare con le armi come fanno loro, anche se vogliono ucciderci tutti noi non ce ne andremo. L'esercito e la guerriglia, chi nascondendosi e chi camuffandosi. Dobbiamo rendere più forte la Guardia Indigena nel nostro resguardo perchè sono loro che devono controllare il territorio", ha affermato una donna della comunità.

Speriamo in manifestazioni di impegno esolidarietà internazionale da parte di tutte le persone e i popoli che ancora difendono la vita e la giustizia. Con amarezza vi diciamo che nessun atto criminale deve passare inavvertito e che neanche si deve ricusare, chiunque siano i suoi autori. Per questo, il Consiglio Superiore del ACIN, in nome delle autorità tradizionali, si dichiara in Assemblea Permanente e chiama a dare un ultimo addio e accompagnare la comunità nel villaggio La Esperanza Jambalò a partire da domani 24 giugno. Luogo dove si rifletterà su quello che è successo e si prenderanno decisioni collettive per difendere il territorio e la vita.

venerdì 19 giugno 2009

CHUZA....DAS

Cuando a uno le dicen que hay interceptaciones de teléfonos, genera preocupación, en cuanto a que es una violación a la intimidad y a la privacidad, pero la vida sigue. Pero cuando sale un debate como el de 9 de junio en la plenaria del Senado, en el que se saca a la luz y confirma que la inteligencia del Estado, -aquella que esta "facultada … para mantener la seguridad nacional, actuando con pleno respeto de los derechos y las garantías Constitucionales"-, a orden de Presidencia, se sobrepasa esta normativa, y utiliza todos los equipos físicos y humanos del DAS, impulsando una táctica de guerra para espiar a todos sus contradictores, opositores, detractores y serviles, y no bastándole, da instrucciones para ejecutar actividades de "Inteligencia ofensiva", donde se trata de crear situaciones de amenaza y temor que logren desestabilizar y confundir, obteniendo por supuesto, resultados prácticos para su intervención, es así, elaboración de panfletos, de videos que comprometan el actuar del que le denominan "blanco político", intimidando, incluso poniendo en riesgo su vida e integridad; entonces, la situación cambia, nos robaron la seguridad, nos despojaron de nuestra tranquilidad y se apoderaron de nuestra intimidad, esto se convierte, como bien lo dijo el Senador Petro, en un crimen contra la humanidad.
Y es que no es para menos, no se escapa nadie, desde los magistrados de las altas cortes que hoy tienen tanta resonancia en la actual coyuntura, políticos de derecha, izquierda, organizaciones sociales campesinas, de paz y derechos humanos, periodistas, organizaciones eclesiales, entre otras. De los cuales, cuentan con una documentación básica de fecha, lugar de nacimiento, nombre de padres, hijos, hermanos, como de información familiar, laboral, política y financiera, hasta recomendaciones para bloquear el trabajo de estas personas y organizaciones.
Recordemos también que este tipo de acciones estatales e ilegales es una práctica vieja, que sale a lo público a raíz de el asesinato y la desaparición de algunos líderes de oposición y defensores de derechos humanos, caso Ángel y Claudia, -quienes eran seguidos y sus comunicaciones estaban interceptadas-.
Algunos de los casos confirmados en este accionar de guerra para resaltar en esta nueva ola del escándalo, pero que llevan años siendo víctimas de este accionar son:

*El Colectivo de Abogados José Alvear Restrepo, abogados defensores de derechos humanos que han sido víctimas de amenazas, infiltración de llamadas y correos, seguimientos a ellos y sus familias e incluso exiliados, adelantan procesos como la masacre de Mapiripan, el Naya, Alaska, falsos positivos, Noguera, Chengue por mencionar algunos casos, en donde las responsabilidades señalan al Estado y la fuerza pública en su mayoría;

* la Comunidad de Paz de San José de Apartadó, comunidad campesina en resistencia a la guerra que en sus principios tiene la claridad de no colaborar con ningún actor armado, lleva 200 víctimas, de las cuales más del 70% a manos del ejercito y paramilitares, han sido amenazados, asesinados, robados, desplazados, víctimas de montajes, judicializaciones, con falsos testimonios, bloqueos de correos, persecución a sus acompañantes como SJ. Javier Giraldo, defensor de derechos humanos y trabajador incansable por el respeto a los pueblos, el derecho a la vida, a la verdad y a la justicia, a Gloria Cuartas ex alcaldesa de Apartadó, miembro del polo democrático y promotora de los derechos de las mujeres;

*Holman Morris, quién ha hecho reportajes de periodismo independiente sobre los indígenas, las comunidades campesinas, el acuerdo humanitario, como también sobre el TLC, el ALCA, la para política, las fumigaciones, la verdad, la justicia y la reparación, los desplazados, las masacres en Colombia, la Up, la desaparición forzada, las liberaciones de secuestrados. Periodista que a ganado premios internacionales por su labor investigativa;*

La Asamblea por la Paz, cuya iniciativa esta conformada por organizaciones sociales de paz y derechos humanos a nivel local, regional y nacional, en 10 años ha sido allanada cinco veces ilegalmente, donde se robaron equipos en el que reposaba información como bases de datos, comunicados públicos y documentos de proyectos, algunos de sus lideres han sido amenazados, víctimas de seguimientos y hostigamientos, han sido filtradas sus comunicaciones, interceptados sus teléfonos, asimismo, a sus financiadores como también quienes administran sus recursos.

Lo alarmante del asunto, es que dentro del mismo conducto regular establecido por el organismo de seguridad para realizar este tipo de acciones se presentan cientos de falsificaciones de autorizaciones para infiltrar líneas telefónicas o correos y/o no se encuentran argumentos que justifiquen las mismas. El gobierno ha manifestado su preocupación no por el hecho en si, sino por quién filtro a los medios este accionar ilegal de la entidad -que viola los derechos y las garantías de todo ciudadano contempladas en la Constitución Nacional-, que esta a su servicio, que responde a sus órdenes y que reporta todo su trabajo a sus oficinas. Las investigaciones en la actualidad con polígrafo en mano por cada uno de los empleados relacionados con esas oficinas se centran en encontrar al responsable.
Varios de los funcionarios más involucrados ya se les ha desvinculado, otros están investigados por procesos que los vinculan con paramilitarismo que vienen dilatando mientras llega el cambio del fiscal general para ver si se le da otro rumbo a las investigaciones y ahora se inicia una nueva etapa de indagación superficial para ocultar al verdadero culpable, pues hay obstrucciones evidentes por parte de la entidad. Según el gobierno los equipos serán manejados por la policía quién se encargará de esa labor, orden ambigua (por no decir que es un sofisma de distracción), pues la inteligencia de la fuerza pública desde hace muchos años hace estas acciones, si no, que le pregunten al presidente Belisario Betarcour o al ex director del DAS Maza Marquez quien es responsable de una época devastadora para el pueblo colombiano de cientos de desapariciones y asesinatos.

sabato 6 giugno 2009

Perù: nella Giornata dell'Ambiente assassinati 30 difensori della Madre Terra


Sabato 06 Giugno 2009 10:14 A Sud

Comunicato stampa della CAOI - Coordinamento Andino di Organizzazioni Indigene: " Chiediamo immediato giudizio internazionale contro Alan García ed il suo governo per il genocidio indigeno in corso. Giovedì 11 di giugno sarà la Giornata Internazionale di Solidarietà".

I Popoli Indigeni Amazzonici del Perù stanno vivendo una brutale repressione da parte delle forze armate. Fino al momento si ha notizia di elmeno trenta morti a Bagua, nella regione Amazzonica. Si sa anche che è stato emesso un ordine di cattura contro la dirigenza nazionale dell'Associazione Interetnica di Sviluppo della Selva Peruviana (AIDESEP). La sanguinosa repressione governativa è esplosa ieri, 5 giugno, proprio durante la Giornata Mondiale dell'Ambiente.

L'intransigenza del governo peruviano presieduto da Alan García, in alleanza coi settori più convervatori del Congresso della Repubblica ha chiuso tutte le porte al dialogo e ha optato per il genocidio, facendo orecchie da mercate di fronte ai reiterarti appelli di istituzioni nazionali, come il Difensore del Popolo, che ha denunciato l'incostituzionalità dei decreti legislativi emessi per implementare il Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti, gli stessi che violano in più parti ii trattati internazionali di protezione dei diritti delle popolazioni indigene e dell'ambiente.

Con quale doppia morale celebrare in Perù la Giornata Mondiale dell'Ambiente mentre il governo difende ostinatamente norme emesse a favore del saccheggio dei beni naturali e della depredazione della Madre Terra, arrivando ad intraprendere un genocidio contro i popoli indigeni che difendono l'Amazzonia e a delegittimare ed imprigionare i suoi leader?

Il Coordinamento Andino di Organizzazioni Indigene, CAOI, lancia un appello alla solidarietà urgente con i popoli indigeni amazzonici del Perù, per appoggiare le azioni di lotta che si sviluppano in tutto il paese e compiere quanto emerso durante il IV Vertice Continentale di Popoli e Nazionalità Indigene dell'Abya Yala, Puno, Perù, 27 al 31 di maggio,:

1. Organizzare sit-in permanenti e azioni di denuncia di fronte alle ambasciate e sedi diplomatiche dal Perù in tutti i paesi, fino a che non sia fermata la repressione e non siano derogati i decreti legislativi emanati in vista del TLC con gli Stati Uniti.

2.Chiedere un giudizio internazionale contro Alan García ed il suo governo per il genocidio indigeno in corso e per le reiterate violazioni della Costituzione Nazionale e dei trattati internazionali.

3. Accompagnare con azioni di sostegno in tutti i paesi la Giornata Nazionale di Lotta che si svilupperà in Perù giovedì 11 di giugno, in solidarietà coi popoli indigeni amazzonici.



11 giugno - Giornata Nazionale di Lotta


Il 4 giugno nella sede dell'Associazione Interetnica per lo Sviluppo della Selva Peruviana (AIDESEP), in una riunione decisiva per il futuro del movimento sociale, la sovranità nazionale e i diritti dei popoli, si è costituito il Fronte Unitario in Difesa della Vita e della Sovranità, il cui primo passo è stato quello di indire per il prossimo 11 giugno la Giornata Mondiale della Lotta, per sostenere e rafforzare la protesta contro i decreti legislativi previsti dal Trattato di Libero Commercio con gli Usa.

Hanno preso parte all'incontro, oltre al Coordinamento Andino delle Associazioni Indigene (CAOI), anche la Confederazione Nazionale delle Comunità Peruviane Vittime delle Miniere (CONACAMI), la Confederazione dei Contadini del Perù (CCP), la Confederazione Agraria Nazionale (CNA), il Movimento Vertice dei Popoli (MCP), il Coordinamento Politico-sociale e altre associazioni. Le organizzazioni presenti alla riunione hanno deciso all'unanimità di creare il Fronte Unitario in Difesa della Vita e della Sovranità, con l'obiettivo di contrastare la politica repressiva del governo aprista di Alan Garcia Pérez. E' stato, inoltre, deliberato di convocare per il prossimo 11 giugno la Giornata Nazionale della Lotta.

Quello che chiede il movimento è:

- la deroga del pacchetto legislativo previsto dal TLC con gli Usa e degli undici decreti legislativi che criminalizzano la protesta sociale;

- niente più trattati di libero commercio e sospensione immediata di quelli precedentemente siglati;

- rispetto dei diritti delle comunità indigene e contadine;

- preservazione dell'ambiente e delle risorse naturali.

Tutto questo in accordo con quanto stabilito da dichiarazioni internazionali - come quella delle Nazioni Unite o la Convenzione 169 dell'ILO - e dalla stessa costituzione del Perù.

Nella giornata dell'11 giugno si chiederà anche il ritiro immediato delle multinazionali che operano nel settore estrattivo (petrolio, miniere) e la fine della sospensione dei diritti a causa dello stato di emergenza proclamato in Amazzonia. Inoltre, verrà pubblicamente presentata domanda di amnistia per i più di mille comuneros processati per il solo fatto di stare combattendo in difesa dei diritti e delle libertà del nostro popolo.

A questo si aggiungerà, dopo i fatti di ieri, la ferma denuncia del genocidio indigeno in corso e la richiesta di azioni volte a bloccare immediatamente il bagno di sangue nelle regioni amazzoniche nonchè avvio di un giudizio internazionale contro il governo del Perù.

Verrà infine richiesta la formazione di una Assemblea Costituente che si incarichi di elaborare una nuova Carta Magna di Stati Plurinazionali su base comunitaria.


Comunicazione CAOI